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venerdì 14 agosto 2015

Di sera, a passeggio col cane per Invorio

Ho liste di luoghi da perlustrare, di biblioteche e musei da visitare, di libri da consultare. Giri in moto programmati da mesi e pregustati. Ma il caldo mi appiattisce: limito le uscite al minimo indispensabile, possibilmente in luoghi con l'aria condizionata. E poi ci sono i lavori in casa e il lavoro quotidiano, che raddoppia il carico... A volte ho l'impressione che pure viaggiare con la mente sia faticoso.
Rimangono le passeggiate serali con il Baldo per le vie del paese. 
Usciamo tardi, quando le famiglie son riunite attorno al tavolo e alla televisione e in giro ci sono solo i ragazzini dalle energie inesauribili e i cani coi loro padroni. Il silenzio è profondo e denso. A volte qualche macchina saetta sulla strada verso altri luoghi, rombando. 
Noi seguiamo il nostro percorso: la piazza rotonda, il municipio, l'edicola, la biblioteca, l'albergo abbandonato, il prato sotto la chiesa, la casetta della Pro Loco, i giardini pubblici, la Posta, la strettoia delle pompe funebri e infine la breve salita del vicolo fino a casa.
Questa volta cambiamo e dalla piazza rotonda imbocchiamo la via Odazio. È una delle mie preferite: c'è sempre qualcosa da osservare, qualche particolare nuovo che si mostra impaziente, un miscuglio casuale di passato e presente, tracce pesanti di restauri, ristrutturazioni e pasticci. La percorro col naso all'insù e la macchina fotografica pronta a prendere al volo quei labili indizi di storia, sparpagliati come in una caccia al tesoro.

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Vecchie insegne dipinte sui muri rievocano il chiacchiericcio dei negozi, scherzi e saluti di gente che si conosce da tempo, saracinesche sollevate al mattino presto, profumi di cibo che galleggiano nell'aria dalle porte spalancate. Portoni storti, dimessi, rovinati dal tempo e dall'incuria, nascondono cortili lastricati, giardini pensili e lussureggianti che pendono dai balconi e trasformano il buio della sera in una foresta sussurrante. Lacerti di affreschi antichi, ignorati e mai guardati, fiancheggiano grottesche dipinte di recente ad abbellire un tratto di muro - l'amore per la propria casa. Intonaco che si disfa, cemento che rattoppa, pietre antiche messe in mostra, altre nascoste perché troppo interessanti.
Poi la via finisce, tra vecchie case ristrutturate di recente e da troppo tempo, e sfocia nella strada di tutti i giorni. Ci lasciamo la storia alle spalle e torniamo nel presente, col Baldo che tira il guinzaglio per snasare da vicino le briciole della pasticceria e ha premura di incontrare altri cani.

È in questi momenti che la mia parte cittadina fa pace con il paese in cui vive: ogni luogo ha una storia da raccontare e piccoli tesori da svelare a chi è curioso.

sabato 18 aprile 2015

Negli oratori di Barengo scopro il corallo

Settimana scorsa mi ritrovo a Barengo, un piccolo comune appoggiato tra le risaie e le colline novaresi all'ombra di un antico castello. Vo per oratori a caccia di affreschi del Quattrocento e scopro collane e bracciali di corallo.

Queste piccole chiese medievali nascondono spesso un tesoro di affreschi multicolori, ricchi di particolari e densi di significato: gli oratori di Santa Maria in Campagna e di San Rocco non sono da meno. Il primo si trova nel cimitero del paese ed è vecchio di almeno settecento anni: nel Trecento era la chiesa parrocchiale dell'intera comunità, ma perse questo privilegio in seguito ai disastri perpetrati dal Visconti e dal marchese del Monferrato, sempre in lotta fra loro (e già incontrati dalle parti di Invorio). Il secondo, invece, si trova quasi fuori dal paese, verso est, e risale a seicento anni fa: era stato costruito sul finire del Medioevo per invocare l'aiuto del santo protettore contro la peste.

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Adoro fare un giro attorno agli oratori. I ciottoli di fiume e i mattoni rossi dei muri perimetrali sono collocati come note su spartiti musicali: suonano una musica ordinata e armonica, ma in alcuni punti s'interrompono in silenzi improvvisi o riprendono ritmo in cacofoniche sovrapposizioni. È la musica dei secoli che avanzano, dei cambiamenti e dei nuovi utilizzi.
Appena varco la soglia, rimango rapita dalla melodia di colori, immagini e simboli che cantano la storia di quel tempo: i signori del luogo, la peste, una nascita festosa, i santi protettori, la fede.
Tra le scene di questi muri dipinti mi sorprende la presenza del corallo: i piccoli Gesù in braccio alle giovani Marie indossano parure di corallo - perle sferiche e rametti di un rosso intenso e scuro.

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Un materiale per lungo tempo misterioso, usato da almeno tremila anni per decorare i gioielli e arricchirli di un significato più profondo. Era pescato, lavorato da abili artigiani e commerciato assieme ad altri materiali preziosi. Era polverizzato e assunto come medicinale per  curare molte malattie, indossato come amuleto per proteggere le persone contro le sventure in guerra, in navigazione, contro i fulmini, per proteggere la fertilità delle donne e i bambini dalla morte improvvisa.
Poeti e naturalisti dell'antica Roma ritenevano il corallo una pianta acquatica flessuosa che s'indurisce al contatto dell'aria, e ne raccontano l'origine con un evento prodigioso.
Tutto ebbe inizio con Perseo, l'eroe figlio del dio Zeus e della principessa di Argo Danae. Fece tante cose nella sua vita: uccise la gorgone Medusa dallo sguardo pietrificante e dai capelli-serpenti, cavalcò Pegaso il cavallo alato, liberò da un mostro marino Andromeda, la sposò, diventò re di Tirinto e fondò la città di Micene. Tra tutte queste avventure, quasi senza accorgersi, causò l'origine del corallo.
Immagina: sulle sponde dell'Etiopia il mostro marino è morto, la regina Cassiopea e il re Cefeo gioiscono, la loro figlia Andromeda è salva, Perseo si china sulle onde del mare per lavarsi le mani, la testa di Medusa è appoggiata su uno strato di piante raccolte dal mare. All'improvviso, le piante a contatto con la testa di Medusa s'induriscono e s'irrigidiscono, per sempre. Se ne accorgono le ninfe del mare: stupite riprovano questo prodigio e, riuscendoci, spargono nel mare i semi di queste piante irrigidite - il corallo.

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Buon vento

martedì 28 ottobre 2014

Murales

Nei martedì di sole scendo dalle colline, perché  ad Arona c'è il mercato. 
Alle spalle il parcheggio di piazzale Aldo Moro, pieno all'inverosimile di macchine luccicanti sotto il sole. Di fronte, dopo la strada, la pista ciclabile rossa. Oltre il muro il cantiere nautico della Navigazione del Lago Maggiore. Sul muro dei murales. 
Ce ne sono quattro, questo è il più bello: sembra una favola dipinta.

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I particolari si lasciano notare poco alla volta.
Sulle onde del lago, un ragazzino a cavalcioni di un grande pesce assonnato vola tra i cigni.

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Sono cigni magici: bagnati dall'acqua si trasformano in pesci rossi e spruzzano le loro squame piumate tutto intorno.

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Il grande pesce azzurro mi guarda dritto negli occhi. Ha sonno - è notte fonda -, ha fame, ha visto questo spettacolo di magia da ormai tanto tempo, da non esserne più impressionato. Vuole immergersi nelle acque e tornare a casa. Ma vuole bene al ragazzino e lo seguirà ovunque e sempre - finché potrà.
Il ragazzino vuol pescare tesori nascosti sul fondo del lago, dove le sirene ondeggiano e cantano soavi alla luna.
 
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Oppure è tutta un'altra storia.


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