Una dozzina di giorni fa abbiamo lavato la moto, provato le giacche e siamo montati in sella. Era mattina e faceva ancora fresco. C'era il sole, c'era il vento e già pregustavo il nostro mini giro: sapevo esattamente come i raggi del sole avrebbero colpito le onde dei laghi, bagnandole di brillantini dorati.
Non salivo in moto da almeno un anno. Non uscivo di casa per svago da almeno tre mesi ed ero un po' agitata. Ho infilato in tasca le chiavi di casa, i documenti, il telefono, la mascherina e via!
L'abbiamo presa larga: dal paese siamo scesi al lago d'Orta, per passare da Omegna, attraversare Gravellona Toce, svoltare verso Verbania e tornare indietro lungo il Lago Maggiore. Un giro classico, tranquillo, meravigliosamente blu e verde, luminoso di sole.
Le strade erano vuote, poche moto, pochissime automobili. Faceva impressione ed era bello al contempo: queste strade piene di villeggianti, turisti, escursionisti e gente del luogo, con rientri lunghi chilometri nelle ore di punta, puzzolenti di gas di scarico; queste strade erano tutte nostre.
Gli alberghi maestosi chiusi, le saracinesche abbassate, i cancelli dorati sbarrati. I marciapiedi vuoti, i lungolaghi vuoti, poche persone ai pochi bar aperti. Era surreale, e nel silenzio umano spiccava una grande vivacità naturale.
Non sapevo più da che parte guardare: gli occhi si posavano in automatico nei miei punti di riferimento – quella villa, quell'ansa di lago, quel giardino –, scappavano sull'acqua, contavano le barche a vela, si perdevano nella bellezza pura.
Tra i cinque sensi, il più sensibile quando si viaggia in moto non è la vista, ma l'olfatto: il naso sente odori e profumi forti e vivi, gli occhi ne cercano l'origine nel paesaggio.
I profumi dolci e inebrianti di gelsomino, di tiglio e di biancospino, l'odore denso e intenso di verde ubertoso, di sottobosco accaldato e di rive di lago. Come tornare finalmente a casa.
È stato un bellissimo giro, la cura perfetta per questi mesi di clausura. Mi ha riempito di forme, colori, aria fresca, profumi, un meraviglioso senso di libertà e speranza.
Dieci giorni dopo siamo di nuovo in sella: è festa e non c'è modo migliore per festeggiare. È pomeriggio inoltrato e fa caldo. C'è il sole, c'è un'aria caldissima e già pregusto calma, tranquillità e profumi intensi.
Il giro è lo stesso, ma al contrario: scendiamo verso il Lago Maggiore e ritorniamo dal lago d'Orta.
Le strade sono piene, nella corsia opposta le automobili sono ferme in coda, le moto oltrepassano la linea bianca. Sul lago di nuovo i battelli, con le loro lunghe scie e i motori vibranti. I marciapiedi pieni di gente, i parcheggi ricolmi, i semafori affollati. Gente che mangia, che ride, che chiacchiera, seduti ai tavolini (affollati) dei bar, uscita dalle gelaterie con i loro trofei.
Questa falsa normalità fa ancora più impressione del silenzio. È l'immagine vivente del braccio di ferro tra voglia di spensieratezza e buon senso – e non mi pare stia vincendo quest'ultimo.
Certo, qui si vive di turismo e per tre mesi le guide turistiche, gli accompagnatori turistici, le guide naturalistiche, gli operatori museali, le aziende di trasporti turistici, gli autisti a noleggio, i tassisti, gli scafisti, i ristoratori, i negozianti, gli albergatori, gli imprenditori extra alberghieri, le agenzie turistiche e di eventi non hanno lavorato. Quasi metà stagione è passata nel silenzio e nell'immobilità.
Ma quanto è meraviglioso sentire i profumi senza dover annusare i gas di scarico di flotte di automobili, autobus e battelli? E assaporare la bellezza di questi posti senza sgomitare e immergersi nella folla rumorosa? E trovare il giorno dopo le passeggiate pulite, senza sacchetti di rifiuti che trasbordano dai cestini urbani?