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venerdì 19 aprile 2019

Che cosa vedere in primavera sul Lago Maggiore e dintorni

Le nostre vacanze si avvicinano; due settimane in balia dell’umore primaverile. Speriamo che le piogge si sbizzarriscano per tre quarti di aprile e poi le giornate splendano serene e tiepide: abbiamo voglia di sole sulle onde, di corse in moto, di lunghe passeggiate.
  Così nasce la nostra “lista delle meraviglie”.

Proprietà dei Borromeo 
Già da marzo è iniziata la stagione di apertura al pubblico delle proprietà dei Borromeo: l’Isola Bella e l’Isola Madre con i loro palazzi e i giardini, che dal 2002 fanno parte del circuito inglese della Royal Horticultural Society; Villa Pallavicino, con la fattoria degli animali; il castello di Angera, con il Museo della bambola e del giocattolo e il giardino medievale; la Rocca di Arona, con i ruderi in cui, si dice, sia nato san Carlo Borromeo.
  Abbiamo visitato le due isole e Villa Pallavicino lo scorso settembre, in vacanza. Per completare la triade del golfo Borromeo, visiteremo l’Isola dei Pescatori. Poi faremo una tappa al Castello d’Angera, che già conosciamo: capita di rado poter gustare la vista di Arona, la sua rocca e il sacro monte di san Carlo dall’altra sponda del lago!

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Isola Bella

Il giro del lago di Varese
Il lago di Varese ha una lunga pista ciclopedonale che lo corona. Attraversa una decina di comuni, in parte lungo la riva del lago e in parte in mezzo ai boschi, con qualche breve tratto su strade percorse da automezzi. È lunga più o meno ventotto chilometri e percorrerla a piedi è una continua scoperta: ville, rustici, casette estive in cima a declivi verdi, giardini, prati, orti, darsene, pontili… C’è tutto quel che puoi trovare lungo le sponde di un lago.
  Vogliamo percorrerla tutta a piedi assieme ai nostri cani (ehi, ti ho già presentato Flora, la nuova cagnolina di casa?), in tappe di un chilometro e mezzo: gli acciacchi di Baldo danno solo un’ora di tregua e noi ci adattiamo volentieri. È bellissimo scoprire nuovi posti tutti insieme!

Ai Quattro Venti pista ciclopedonale del lago di Varese

Il parco del golfo della Quassa
Il golfo della Quassa si estende dalla punta di Ranco alla punta della Fornace di Ispra. Il tratto di Ispra è aperto, giocoso, a tratti anche avventuroso, con paesaggi mozzafiato e portali magici verso nuove dimensioni. Mentre il tratto di Ranco è rivestito di verde, con piante rare e rare specie di uccelli. Qui, lo attraversa il sentiero del Verbano, che sfiora lacerti dell’antica storia geologica del Lago Maggiore.
  Abbiamo percorso il lungolago di Ispra assieme a Baldo, la prima volta in un inverno caldo come l’autunno, la seconda in un autunno agli sgoccioli. Siamo arrivati all’inizio del sentiero che si butta nei boschi e rimane la promessa di entrarci e scoprire come continua.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Ranco Parco della Quassa a piedi

Il primo giro in moto della stagione
Il primo giro in moto dell’anno è stato a metà febbraio, quando il caldo improvviso ci ha fatto credere di festeggiare la nuova stagione. Poi c’è stato qualche malanno, vento e ora pioggia, e ci siamo fermati.
  Ho chiesto al marito quale giro farebbe: «Andrei a Santa Maria Maggiore, poi attraversei la Val Cannobina e tornerei dal Lago Maggiore. E mi fermerei a Stresa a mangiare il gelato al K2 (una delle gelaterie migliori del territorio).»
  Io farei il giro del Lago Maggiore, ma al contrario: sponda piemontese, Svizzera e sponda lombarda, inseguendo il sole. L’anno scorso abbiamo saltato il nostro appuntamento e ci è mancato.

Ai Quattro Venti Valle Vigezzo

Buon vento di primavera!

venerdì 8 marzo 2019

Parco Conelli di Belgirate, il giardino delle favole

  Ci sono tutti: Biancaneve, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Alice, Dorothy, Darth Veder, ET, la bella addormentata nel bosco, gli gnomi, i maghi, le streghe, le fate, gli animali fantastici. Abitano in un piccolo parco a pochi passi dal Lago Maggiore, e accolgono con colori sgargianti, poesia e magia chiunque voglia tornare nel fantastico mondo della fantasia.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli

  Parco Conelli ha più di un secolo e mezzo, si trova su una striscia di terreno proprio di fronte al lago, separata dalla sponda solo dalla strada principale. Se arrivi da Arona, lo trovi subito dopo il confine di Lesa e poco prima della strettoia che immette in Belgirate. Puoi parcheggiare sul lungolago, attraversare le strisce pedonali, varcare il cancello e dimenticarti di tutto: è il giardino delle favole, dove stupirsi, meravigliarsi, sognare e smettere di essere adulti.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli Roberto Bricalli

  Che cosa lo rende speciale, unico e raro, lo si capisce subito appena entrati. Il parco è una porzione di giardino all’italiana dell’antica dimora dei Conelli, in apparenza come molti altri: a più livelli, dal piano d’ingresso sale verso la collina e scende seguendo il corso d’un ruscello, tra gli alberi e i cespugli tipici di questi luoghi. Nella sostanza è un giardino delle favole: il Principe Rospo di Roberto Bricalli ti accoglie dal suo stagno-fontana, mentre un sentiero si snoda tra le piante e i dipinti di Nicola Pankoff.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli giardino delle favole

Se vivi ad Arona, non puoi non conoscere Nicola Pankoff, la sua musica, i suoi quadri e i suoi colori. Sono cresciuta tra le sue opere, le vedevo ogni giorno in casa, da amici, nei negozi, nei bar. Ho un suo quadro in camera e ne vorrei altri mille, perché sono dipinti narranti, che traboccano di storie fantastiche – a volte riconoscibili, a volte inimmaginabili. Entrerei volentieri nei suoi quadri, per viverle in prima persona, conoscere i tantissimi personaggi, fermarmi ad assaggiare il cibo e incamminarmi sui ponti a strapiombo sui fiumi. Ne sento gli odori, i suoni, le consistenze, i sapori. Potrei anche vincere la paura del vuoto e salire su una sua mongolfiera, tanto sono curiosa di vederli  dall’alto.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli Nicola Pankoff

  Sono entrata per la prima volta nel giardino delle favole lo scorso settembre. Era pomeriggio, il sole dietro la collina: il posto ideale per godere un po’ di fresco tra la natura, l’arte, la bellezza del lago e un pizzico di magia. Eravamo soli, io e il marito, alla scoperta dei dipinti, a caccia dei particolari, immersi nel piacere della sorpresa e del silenzio. Inutile dire che me ne sono innamorata all’istante.

Ai Quattro Venti Parco Pubblico Villa Conelli

venerdì 4 agosto 2017

Tre laghi in tre giorni

Abbiamo avuto ospiti, un fine settimana di luglio. Tre giorni per visitare le nostre bellezze, ma senza correre.

Mi piace mostrare qualcosa che sia legato da un filo conduttore, perché chi passa di qui per la prima volta se ne innamori e non lo scordi più.
Il filo conduttore è stato il lago. Non lo stesso lago, bensì un lago diverso per ogni giorno di visita: venerdì il Lago Maggiore, sabato il lago di Mergozzo e domenica il lago d'Orta.


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È venerdì sera, il cielo è limpido e l'aria si sta rinfrescando. Il posto migliore (e più vicino a casa nostra) per guardare il Lago Maggiore dall'alto è la Rocca di Arona. Dal belvedere si notano le coste piemontese e lombarda che si avvicinano per poi separarsi, si distingue il candore dell'Eremo di Santa Caterina e s'immagina il Golfo Borromeo che si apre, lassù, con le sue preziose isole. Qualche altro passo e si rimane estasiati ad ammirare i tetti rossi di Arona, le scie blu tra le onde e, laggiù, il lago che si restringe e lascia il posto al fiume Ticino.


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È sabato sera, poco prima del tramonto: il momento giusto per assistere allo spettacolo di colori sull'acqua. Il lago di Mergozzo è piccolo, dalle acque scure (ma è solo il riflesso degli alberi circostanti), sembra quasi una piscina naturale: c'è chi nuota, chi si tuffa dalle rocce, chi pagaia. L'acqua è pulita: non c'è alcuna imbarcazione a motore, né alcuno scarico inquinante. A un'estremità si affaccia il paese di Mergozzo, all'altra un piccolo canale lo collega al Lago Maggiore; tutto intorno il Montorfano e gli inizi della Val Grande.


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Domenica mattina lasciamo che i nostri ospiti si godano l'atmosfera del lago d'Orta in solitaria. Dalle sponde di Orta San Giulio, lungo la passeggiata che ben conosciamo, per lasciarsi rapire gli occhi e la mente da ville - tra cui spicca Villa Crespi con il suo minareto turchese e gli illustri proprietari -, le onde, l'isola di San Giulio, le piazze, i cortili e le terrazze affacciati sull'acqua. E poi su, oltre la chiesa in cima alla scalinata, sulla strada che porta al Sacro Monte dedicato a San Francesco.



Il Lago Maggiore ai quattro venti:
Il Lago Maggiore + pillole di... (scaricabile)
Il giro del Lago Maggiore in moto: la tradizione continua + itinerario (scaricabile)

Il lago d'Orta ai quattro venti:
La passeggiata sul lungolago di Orta San Giulio + quattropassi a... (scaricabile)
Il giro del lago d'Orta in moto + itinerario (scaricabile)

giovedì 6 ottobre 2016

Il lungolago di Pettenasco è una mostra di quadri viventi

C'è una foto che mi torna spesso in mente. Ero a Spello con amici, tanti anni fa; io vedevo scorci bellissimi e li fotografavo, loro, frequentatori del luogo, non li notavano nemmeno.
Quella foto mi torna in mente ogni volta che visito luoghi conosciuti - o che dovrei conoscere: quel gusto della scoperta e lo stupore per i dettagli c'è ancora. 

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La passeggiata di domenica scorsa ci porta a Pettenasco, sulla riva orientale del lago d'Orta. Non ci siamo mai stati (abbiamo un debole per il Lago Maggiore) e non vediamo l'ora di percorrere il lungolago: ne parlano tutti bene.
La strada provinciale attraversa il paese in pochi minuti, tagliandolo in due: da una parte il grande albergo, la chiesa d'origine medievale e qualche villetta a schiera, dall'altra negozi e case di paese. La stazione in alto e il lungolago in basso sono nascosti, bisogna proprio cercarli.
Parcheggiamo vicino alla chiesa e scendiamo verso il lago: un parco giochi dove sostiamo per un giro di carezze di bimbi al Baldo, un campo da tennis nascosto dagli alberi, ricche ville, giardini invitanti, una festa di fine estate e, infine, al termine della via c'è Riva Pisola, con l'imbarcadero della Navigazione e un bivio. A destra si va verso la passeggiata a lago tratto nord, a sinistra verso la passeggiata a lago tratto sud. Svoltiamo a destra.


La passeggiata si snoda tra le ville e le loro darsene, ogni tanto si aprono degli spiazzi erbosi - le ripe - con panchine, sculture moderne e pontili di legno che si protendono verso l'acqua e l'infinito. Ogni ripa è un piccolo gioiello, le vedute sul lago sono come quadri viventi, con lo sciabordio delle onde e i gabbiani che s'inseguono. 
Alla fine del lungolago non torniamo indietro sui nostri passi, ma svoltiamo a destra e saliamo lungo una via e poi ancora a destra - vecchie case già locande, antiche ville abbandonate in un caos di piante e rovi, altre ristrutturate e vissute - fino a ritrovarci alla chiesa e più giù al bivio di prima. Svoltiamo a sinistra.

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Si sfiorano case moderne, un bar invitante, una casa in costruzione, una ripa con pescatori e qui, all'altezza di una fontana e una panchina, inizia la passeggiata a lago tratto sud. 
Un sentiero si snoda tra altre ville e la sponda del lago. Una scaletta di pietra scende a una passeggiata più stretta, riparata da un pergolato - un rifugio per innamorati; poi un ponticello, poi un altro, e tra i due si apre uno spiazzo con due divani di pietra, alle spalle un parco giochi e lunghi tavoli sotto le fronde degli alberi. Ci spingiamo più in là, oltre il campeggio, fino a un'altra ripa sabbiosa, dove un'enorme fionda di pietra invita a volare.

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Il lungolago è davvero un gioiello, curato in ogni minimo dettaglio per godersi la passeggiata: dagli scorci "artistici" sul paesaggio, alle tante soste per ammirare, fino all'abbondanza di cestini per rifiuti - un'accortezza molto gradita a chi è solito "girare in giro" coi propri cani.

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Torniamo indietro, risaliamo al parcheggio e ci ripromettiamo di tornare: nelle mezze stagioni, però, quando i turisti sono pochi e si può fingere che il lago ci appartenga.

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Buon vento

giovedì 17 marzo 2016

I baracconi del Tredicino

È domenica ed è il Tredicino.
Non importa della tosse, non importa dei lavori in casa da finire, non importa di nulla: oggi si va al Tredicino!
Il Tredicino è la festa dei santi patroni di Arona, ma il Tredicino è anche divertimento, luci, musica e adrenalina: è tempo di festeggiare, è tempo di giostre!
Fin da piccola le giostre del Tredicino sono i baracconi - tutte le altre giostre sono giostre o al massimo luna park. Quindi domenica andiamo ai baracconi: io, il marito e il Baldo. 

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Trovare parcheggio sarà un'impresa: i baracconi sono proprio sui grandi parcheggii gratuiti tra la stazione e gli alberi del Lido. Perciò la prendiamo larga e scendiamo direttamente alla darsena. 
Ma anche la darsena e i parcheggi lungo la passeggiata a lago sono pieni: caravan, appartamenti-rimorchio, scalette, verande, lavatrici, stendini con panni ad asciugare e macchine lussuose disegnano un villaggio che tra poco lascerà solo qualche traccia sull'asfalto.
Man mano che ci avviciniamo ai baracconi, la musica rimbalza tra gli alberi, il profumo di fritto s'insinua nei pensieri e i sorrisi iniziano ad allargarsi. "Voglio una frittella", "Anch'io".

Da bambina m'incitavano a prendere la coda di un improbabile animale; da giovane osservavo i miei coetanei spingersi sull'autoscontro; da adulta passeggio nell'atmosfera magica fatta di luci, volumi alti, cantilene dei giostrai, colori, odori invitanti: osservo tutto, ogni particolare è una delizia.


Mentre lo zucchero della frittella mi disegna sul mento una barba di brillanti, un pensiero si accomoda in testa. Ogni anno i baracconi tornano, sempre uguali a se stessi - non mentono mai; ogni anno il tempo si ferma e s'annoda su di sé e passato, presente, futuro sono un tutt'uno. 
Ecco perché amo i baracconi del Tredicino.

venerdì 19 febbraio 2016

Quattro passi a Ispra, tra scogli e fornaci

Della mia passione per le schede ormai sai. Le trovo utili, veloci, un promemoria per le prossime gite della domenica e un ricordo veloce, magari da ripercorrere in futuro o da consigliare agli amici.
Quindi, lungi dal perdere questo mio vizio, ecco per te la passeggiata a Ispra.

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In questa scheda trovi:

  • informazioni sul percorso: il punto di partenza e d'arrivo, la lunghezza in chilometri, la durata in ore e la difficoltà (non saranno mai difficili, se li proviamo noi!)
  • altre informazioni: dove andare (città o paese, provincia e regione d'Italia), quando andare (in quali stagioni), come andare (con quale mezzo) e perché andare
  • la mappa del percorso: sono riportati i numeri corrispondenti alle strade da percorrere o alle tappe lungo la via
  • la legenda: sono indicati i nomi delle strade e alcune notizie utili
 
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Se vuoi, scarica la scheda di questa passeggiata in attesa dell'occasione giusta; o stampala, piegala più volte e infilala nella tasca dei jeans, oppure inseriscila in un quaderno ad anelli e crea una piccola guida! Spero d'incontrarti presto su queste strade.

Buona passeggiata e buon vento!

venerdì 12 febbraio 2016

Tra scogli e fornaci a Ispra

È una domenica d'inizio inverno: clima mite, cappotto leggero, aria di festa. Noi andiamo a Ispra, l'aspra Ispra, per vedere gli scogli, le fornaci di calce e la nostra sponda dalla riva opposta.

A mattino inoltrato qui al porto vecchio l'atmosfera è strana, sospesa nel tempo. Il sole d'inverno accende i colori in obliquo e i colori divampano.
Imbocchiamo la Passeggiata dell'Amore, senza sapere dove porterà. Si dipana lungo un tratto di costa, in parte lastricata, in parte formata da ponti leggeri di grate metalliche che uniscono uno scoglio all'altro e attraversano proprietà private, da passerelle lamentose che aggirano spuntoni di rocce. Rientranze e sporgenze irregolari - ora nell'ombra, ora d'improvviso nel pieno della luce. Altre rocce affiorano come dorsi rugosi: scogliere di calcare che s'innalzano e inabissano al ritmo delle stagioni. In un'insenatura si mostrano isole di pietra, un incontro di azzurri (pietra, acqua cielo) che pare essere altrove, più a nord, in terre straniere. 


















E quando la Passeggiata dell'Amore finisce in una scalinata, proseguiamo.
Lontano dal lago, una strada percorre il perimetro esterno di altre proprietà private. Un campo da tennis recintato, la casa del custode, cancelli sicuri e alte siepi. S'intravede la prima fornace! Poi la strada diventa sentiero e prosegue in salita, nel bosco. S'inerpica faticosamente su gradini di terra e assi di legno: il Baldo apre la fila, noi due dietro. Quasi in cima si vede la punta di un'altra fornace! E poi un bivio: a destra si va alla cava di calcare, a sinistra s'incontra una via asfaltata che conduce in alto. Qui altre bellissime case rivolte verso il luccichio del lago, la vecchia discoteca trasformata in un condominio di lusso, un breve parcheggio e la terza fornace. 
Un piccolo tornate d'erba l'avvolge, ci fa arrivare ai piedi della struttura e, più in là, su un molo di pietra. Si protende nelle acque calme del lago, scaldato dal sole.
Ci fermiamo per mangiare un panino, riposarci e fare il pieno di bellezza. Una bellezza perfetta, surreale, indescrivibile. Una bellezza tale da esserne infinitamente grati.








Buon vento

giovedì 5 novembre 2015

Nel cuore dell'autunno

Questo è il periodo dell'anno che preferisco: il cuore dell'autunno, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre.
Quando il sole è basso e illumina con intensità ogni pertugio e disegna nuovi ghirigori d'ombra e ci fa credere d'essere negli ultimi giorni di un'estate bellissima.
Quando ti svegli al matino e il sole s'attarda nel suo letto, coperto da una coltre di nebbia, e l'aria frizza di gelo per poi scaldarsi pian piano.
Quando all'ora del tè è già buio e ti chiedi dove sia finita la luce che, poco fa, accendeva d'arancio la cucina.
Quando in un unico giorno è ancora estate ed è già inverno. L'autunno è magico.

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L'ultimo giorno di ottobre passeggiamo lungo il lago ad Arona. Proprio là dove, un anno fa, non si poteva più camminare: le strade erano invase dall'acqua e la terra s'era fatta specchio del cielo bigio. Oggi, invece, i colori si accendono luminosi, nonostante la sera si avvicini: erba verde punteggiata di foglie e cigni, acqua e cielo cangianti dall'azzurro al rosa e dal grigio al blu, foglie di ogni calda sfumatura. Mi sembra di camminare all'interno di un dipinto e mi rigenero.

Il primo giorno di novembre è altrettanto lucente: ci lasciamo andare al piacere di un breve viaggio in moto fino a Laveno, sull'altra sponda del lago, perché nel pomeriggio è ancora avvolta dai raggi del sole. È una strada familiare, la ripercorro in cerca dei miei punti di riferimento. Saluto le case di cui apprezzo le forme e il carattere distintivo; le vele spiegate che si rincorrono tra una costa e l'altra; l'odore pungente delle foglie morte e l'odore dolce di piante misteriose. Saluto le onde d'agata e le correnti striate; saluto quel velo di bruma oltre le montagne, come un acquerello sapiente.
Poi quasi d'un tratto i riflettori si spengono, si accendono le luci di cortesia ed è ora di tornare a casa.

Ancora oggi, quando sono in giardino, sento le foglie del ciliegio crepitare: cadono leggere, impigliandosi le une nelle altre, dai rami ogni giorno più spogli. Sembrano stormi di uccelli che litigano e si fanno dispetti.
Mi chiedo quando cadrà l'ultima, se lascerà posto alle nubi, alla nebbia e alla neve.

Buon vento.

giovedì 3 settembre 2015

Da un lago all'altro in moto

Domenica di sole, aria fresca, lavori in casa (questa vecchia casa gelosa di noi) e di riposo. Ma anche di moto: per festeggiare le coincidenze perfette, ci regaliamo un breve giro tra il Lago d'Orta e il Lago Maggiore.
Dalle colline alle sponde del piccolo lago, blu e luccicante sotto il sole. Nonostante sia piccolo e chiuso tra le colline, questo lago mi affascina ogni volta. Mi dà l'impressione che qui il tempo si fermi e che la presenza umana sia solo una parentesi. Osservo le bellissime case, i palazzi sull'isola, la strada, i sentieri, le passeggiate, gli edifici difensivi e religiosi: eppure davanti ai colori della natura mi convinco che qui c'è molto di più, qualcosa di eterno e di sacro che permea tutto. Qui si respira una spiritualità profonda.
Ci lasciamo le onde del piccolo lago alle spalle, saliamo sulle colline che fanno da spartiacque: tre signori seduti sul retro della chiesa, al fresco, le mani appoggiate al bastone; case antiche rese nuove, case nuove che sembrano già vecchie, cancelli, prati, il silenzio del pomeriggio caldo, profumi di carboni ormai spenti. Più su, in mezzo ai pascoli, s'intravvede una mandria di mucche bianche. Attraversiamo tre torrenti dai nomi esotici, sfioriamo una pista da motocross, tre cascine di epoche diverse, un 'area picnic con tavoloni di legno e bidoni della differenziata. Stringo le palpebre su un ponte "tanto corto e tanto alto" - dice il marito. I profumi quasi dissolti nell'aria.
Giungiamo a Gignese, paese a metà strada da tutto: il Mottarone, Stresa, i due laghi. Ci fermiamo per guardarci attorno e, intanto, i pensieri corrono in qualsiasi direzione.

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Da Gignese alle sponde del Lago Maggiore. La nostra tappa è Stresa e solo quando arriviamo, accolti da un'aria pesante e umida, ci accorgiamo di quanto sia fresco sull'altro lago. Qui facciamo i turisti: un gelato, una passeggiata in centro, soste curiose davanti alle vetrine dei negozi. C'è ancora tanta gente e un'atmosfera sospesa, come se tutti si sforzassero di non pensare alla fine delle vacanze.

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Da Stresa a casa, accarezzando con lo sguardo il lago. È ormai sera, la sponda piemontese è in ombra - il sole tramonta alle sue spalle. Posso bearmi dello spettacolo: la sponda lombarda è colpita dall'ultima luce del giorno, alle sue spalle colline e monti sfumati di grigio, ai suoi piedi uno specchio azzurro di luce dorata. Su tutto, il cielo con gli ultimi colori dell'iride - rosa, lilla, azzurro, blu. E il profumo dell'osmanto di sottofondo, dolce e pungente.

Buon vento!

giovedì 27 agosto 2015

Le acque esotiche del Lago Maggiore

Passeggiavo lungo la riva del lago e mi sono ritrovata in acque esotiche. Come se avessi attraversato un portale magico, sollevato un velo d'aria o guardato da una finestra spazio-temporale.
Passeggiavo lungo la riva del lago, godevo del caldo temperato di una quasi sera di fine agosto. Poche persone in giro, ma c'era quella luce speciale, calda e avvolgente, che fa risplendere ogni particolare: i monti in lontananza, il castello d'Angera, le scie dei battelli tra le onde del lago, le foglie verdi dai rami degli alberi, le strisce pedonali rosse, l'asfalto grigio, le macchine, qualche nuvola, il cielo blu. Tutto brillava di una luce viva: sta iniziando il periodo più bello dell'anno, con quel misto di nostalgia per l'estate vissuta e un pizzico di curiosità per l'autunno ancora da vivere.
Passeggiavo e mi godevo tutte queste sensazioni e i pensieri già volavano alti. Forse troppo alti: mi son   distratta un attimo a rincorrerli, e mi ritrovo sulle rive di un fiume asiatico. 
Due borsoni ricolmi di insalata appoggiati sulla spiaggia, l'acqua di quel colore indefinito tipico delle rive, le onde che s'inseguono e s'allargano tra la sabbia e gli scafi delle imbarcazioni. Con lentezza, anzi: pigrizia. Due donne chine sull'acqua, i piedi immersi e le schiene ricurve: lavano la verdura con gesti consueti.

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Se non avessi guardato oltre, verso i battelli della Navigazione del Lago Maggiore, avrei creduto di trovarmi in un 'altra dimensione. Per qualche minuto ho viaggiato più veloce della luce e sono stata sulle sponde di un fiume orientale.

Buon vento

giovedì 6 agosto 2015

I Borromeo e il Lago Maggiore

Io mi sono emozionata. Non ero lì, a vedere coi miei occhi lo sfavillio della bellezza e la gara di splendore tra vecchia e nuova aristocrazia e vecchio e nuovo (sempre nuovo) lago - ognuno con i propri gioielli ben in vista, le proprie medaglie e il peso dei secoli di storia condensati in una manciata di ore e di giorni. Non ero presente, ma se ci penso mi emoziono.
Perché i Borromeo sono i "nostri principi", per noi gente di lago.  

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Borromeo è uno dei primi nomi che impariamo a scuola quando scopriamo la storia del nostro paese e che incontriamo la domenica a spasso assieme alla famiglia: la Rocca Borromea di Arona, la Rocca di Angera, il golfo Borromeo, le isole Borromee, il San Carlone e il mai compiuto Sacro Monte di San Carlo di Arona, la strada Borromea per il Mottarone... Ovunque andiamo, qui sul lago, ci sono loro.
Ci sono fin dalla metà del Quattrocento, quando Vitaliano Borromeo riceve dal duca di Milano in feudo le terre del Lago Maggiore. I Borromeo, come me, non sono originari del lago: dalla Toscana giungono a Milano per motivi politici ed economici - sono commercianti e banchieri - e legano le loro sorti con quelle dei duchi di Milano. Sono diventati conti di queste terre, le hanno amate, amministrate, hanno combattuto per loro, finché la storia - loro e del Lago Maggiore - è cambiata.
Vengono da altri luoghi e vivono in altri luoghi, ma sono sicura che il lago con i suoi gioielli sia dentro il loro cuore. Come capita a me.

sabato 25 luglio 2015

Un giro in moto a metà

Domenica calda di luglio. Una buona occasione per scappare in moto verso il fresco delle valli.
E così facciamo: al mattino presto saliamo in sella alla nostra moto e partiamo.
Mentre si va l'aria fresca ci avvolge rassicurante; non ci fossero i semafori o le precedenze da rispettare, ci potremmo quasi dimenticare del caldo.
In ogni caso ci pensa il lago a distrarre i nostri pensieri: mai visto così luccicante! Il sole del mattino si diverte a colpire le onde con manciate di brillantini. Difficile distogliere lo sguardo, mi sento come stregata.
Di solito osservo le ville, i fiori colorati, i soliti particolari che mi diverto a ritrovare diversi a ogni giro: un'occhiata a destra, una sinistra... Oggi, però, sono ammaliata dal luccicore dell'acqua.
La strada fiancheggia il lago e sale da Arona a Stresa, da Baveno a Verbania e poi più su, verso Ghiffa, Cannero e infine Cannobio, la nostra prima meta.

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Di domenica a Cannobio c'è il mercato, si snoda sul lungolago e in piazza, togliendo il fiato come una barriera di teli all'aria fresca della sponda opposta. Fa caldo, un caldo estivo, di quelli che sanno di tendoni abbrustoliti, di gente sudata, di fiori esausti e di gelati golosi.
Ci fermiamo a bere qualcosa di fresco, ma non basta. Cerchiamo le scale e l'ombra per salire nel centro storico, ma non basta: il caldo c'insegue, è dappertutto, è dentro di me. Soprattutto è nella mia testa. Talmente tanto che, mentre mangio, ogni boccone si trasforma in una palla di fuoco, le orecchie si spengono, gli occhi iniziano a vedere una monotona sfumatura grigia. Mi salva la fontana e la sua acqua fresca sulla testa, sui polsi, sul viso e sul collo.
Tutto bene, avevo solo un po' caldo.
Risaliamo in moto per raggiungere l'aria di montagna della Valle Vigezzo: infilare giacca e casco è un piccolo supplizio. Percorriamo le prime curve dell'ombrosa Val Cannobina, ma il malessere torna: sento poco, fatico a parlare, ho bisogno di togliermi il casco e sedermi un attimo. Magari mi sdraio per due minuti...
Tutto bene, pare sia passato.
Di nuovo in sella, senza giacca questa volta e con la mentoniera del casco alzata. Scegliamo di rimandare il giro delle valli a un'altra occasione, preferiamo tornare a casa per non rischiare. Di nuovo verso Cannobio, Cannero, Ghiffa e finalmente Intra. Finalmente perché sto di nuovo male, anzi: peggio.
Mi scoppia la testa dal caldo, non sento, vedo appannato, boccheggio, ho sete, ho la nausea. Bevo quasi due litri d'acqua fredda, mi bagno polsi, mani, braccia, collo, testa in continuo. Ma non miglioro. Decido di chiamare il 118 e l'operatore mi dice: "stia al fresco e beva". Decido di chiamare qualcuno che mi venga a prendere e mi riporti a casa in macchina, con l'aria condizionata accesa.
Quando sono a casa mi occupo solo di abbassare la temperatura del corpo e della testa con litri e litri di acqua fresca dentro e fuori. Verso le quattro del mattino, finalmente, ho freddo.

Cosa mi rimane di questa esperienza? Un grande spavento.
Stare male quando si viaggia in moto vuol dire essere allo sbaraglio: la capacità di prendere la decisione migliore, senza farsi prendere dal panico, è fondamentale. È importante anche ascoltare il proprio corpo e riconoscere subito i sintomi di un malore.
Purtroppo, per quanto forti e pressanti, non conoscevo i sintomi del colpo di calore.
Per fortuna a star male ero io (il passeggero) e non mio marito (il pilota). Per fortuna eravamo su una strada turistica, piena di paesi, locali aperti e gente. Per fortuna siam riusciti ad avvicinarci a casa. Per fortuna a casa c'era qualcuno. Per fortuna guidava una macchina con l'aria condizionata.

Con questi pensieri in testa, auguro a tutti buon vento,
un vento forte e freddo che annienti l'afa e riporti il sereno e temperature migliori.

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