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venerdì 3 marzo 2017

Di sabato a Milano, nel cuore del Progetto Porta Nuova

Per un sabato al mese, al mattino presto scendo dal treno nella stazione di Porta Garibaldi di Milano.
Attraverso la strada, prendo le scale mobili, percorro Piazza Gae Aulenti e proseguo fino alla scalinata che scende al Piazzale Principessa Clotilde e a Porta Nuova.
Arrivo quando i negozi sono ancora chiusi e gli operai già lavorano nei cantieri.

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Mi piace:
la superficie lucida dei grattacieli che riflettono l'umore del cielo
l'acqua che scorre dalla fontana, indefessa
le vetrine illuminate dei negozi vuoti
il legno congiunto all'acciaio in forme sinuose
la sospensione dal tempo
le gru sempre in movimento
i pochi passanti, con l'aria di godersi la solitudine
i pali con le indicazioni stradali
la passerella sul traffico di Via Melchiorre Gioia
l'aria di città nuova
le promesse, mantenute e future

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Ritorno di sera e l'atmosfera pacata non c'è più: gruppi di persone che parlano e ridono in ogni lingua, scattano foto, discutono al telefono e vivono nei negozi.

Quando sono da queste parti mi sento felice, mi sento "a casa".

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giovedì 17 novembre 2016

Milano di corsa

Dove vanno a finire i milanesi la domenica? 
Me lo chiedo mentre attraverso di corsa Piazza della Repubblica. Il lavoro mi porta a Milano nel fine settimana: ci arrivo presto e ne parto tardi, ogni volta a orari diversi e con treni diversi.
Le stazioni sono sempre piene, la stessa gente impegnata a cercare binari, amici, informazioni. Quando esco all'aria aperta, ho gli occhi golosi d'assaporare novità.

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Mi piace camminare in città, la mattina filtra tra le gocce di pioggia, la gente di sabato è ancora veloce, puntata verso gli impegni di lavoro, non si ferma, non guarda, parla al telefono, ascolta la musica, cammina persa nei pensieri verso gli obiettivi del giorno.

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Di domenica, invece, rimangono solo i viaggiatori: con le valigie su rotelle percorrono la  mia stessa strada al contrario. Qualcuno si ferma e mi chiede dov'è la stazione, poi mi sorride in spagnolo, francese e inglese. 
Ma i milanesi, dove sono? Li vedo correre infilati in tutine lucide e attillate, sudano concentrati, senza nulla negli occhi e la musica nelle orecchie. Corrono sui marciapiedi di città accanto alle macchine e ai tram. Li vedo trasportare sacche sportive, inseguiti da figli ciarlieri ed eccitati per l'imminente gara (calcio? Equitazione? Pallacanestro? Judo?) in cerca della macchina parcheggiata qualche isolato più in là.

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Li vedo sdraiati sotto i portici, circondati da borsoni, avvolti in bozzoli di coperte e cartoni. Si preparano un caffè, fumano la prima sigaretta, ripiegano e mettono via i propri averi, non parlano e non mi vedono. Forse non sono milanesi o forse sì.

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Il buio della sera addolcisce le strade e nasconde gli inganni, a tal punto che per entrare in stazione attraverso un ingresso "privato" (puzza di urina, corpi barcollanti, qualche folle risata, brontolii persi): giuro di non farlo mai più. Arrivo al binario, salgo sul treno e in mezzo ad altri viaggiatori continuo a farmi la stessa domanda: dove vanno a finire i milanesi la domenica? 
Forse da noi, al lago. Forse rimangono a casa, finalmente fermi. Forse visitano mostre, musei, gallerie o si perdono nel bagliore dei negozi. 
Non lo so, e da questo mi accorgo quanto io non sia cittadina.

Buon vento

lunedì 26 ottobre 2015

Milano: il cielo è sempre più blu in piazza Gae Aulenti

Sabato sono stata a Milano, la città che sa stupirmi ogni volta di più.
Ho incontrato delle amiche, uno di quegli incontri che ti ricaricano le energie per almeno un mese intero: tutti dovrebbero avere amicizie preziose.

Ogni volta che vado in città, rifiorisco: mi sveglio pimpante (anche se son le sei del mattino), considero con attenzione ogni particolare dei miei abiti, metto in borsa gli oggetti di cui non potrò fare a meno durante la giornata (libro per il viaggio, rossetto per eventuali ritocchi, ombrellino caso mai il tempo facesse le bizze), do un bacetto al Baldo e scappo in stazione. Appena salgo sul treno mi preparo a godermi il viaggio: fuori il libro e la matita, ché qui si studia!
Appena scendo dal treno, mi sorprendo a canticchiare col sorriso sulle labbra: amo la città, quell'aria di libertà che spira tra i palazzi e i passi frettolosi della gente, amo sentirmi di nuovo giovane e allegra, me stessa come non mai.
Canticchiando arrivo all'appuntamento e, abbraccio dopo abbraccio, bacio dopo bacio, mi lascio andare alla piacevolezza e al calore di queste ore assieme.

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Dal cuore della stazione di Porta Garibaldi scivoliamo verso la luce del sole, attraversiamo sulle strisce, ammiriamo il Bosco Verticale - sospirando -, saliamo sulle scale mobili e ci troviamo nel bagliore di Piazza Gae Aulenti.
Una piazza che ogni volta mi fa esclamare: "Oh!" per la sua bellezza.
Col naso all'insù osservo il cielo specchiarsi e rompersi sulla facciata sinuosa delle torri di Cesar Pelli. Poi lo sguardo scivola sul piccolo lago centrale, dove l'acqua rimbalza in giochi di destrezza, tra i bambini che ridono e genitori che sorridono e un'atmosfera di calma spensieratezza. È vero, è una piazza dove si lavora, sotto di noi c'è un supermercato con l'andirivieni e il caos ripetitivo tipico di questi luoghi, attorno negozi sempre aperti con la loro cospicua dose di turisti, iniziative di ogni genere e sostanza si svolgono sotto il suo sguardo attento, eppure...
Mi sembra come se avessi preso un treno per il futuro o per una realtà parallela del nostro presente. Ricordo le descrizioni di mio padre, cresciuto nel quartiere Isola, qui accanto, e sento uno stridio di sottofondo: come dei freni azionati dopo una velocissima corsa su rotaie.
Dal concetto astratto di lontane lezioni sui paesaggi turistici, mi ritrovo a osservare il cuore pulsante del fenomeno - edilizio, geografico e sociale - di gentrificazione; qui a Milano.

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