Questa è la storia di un luogo sacro e mai dimenticato. È una storia lunga migliaia di anni, dalla fine del V millennio a.C. agli inizi del III millennio d.C.: dall’alba delle civiltà fino ai giorni nostri.
Si trova su un terrazzo della Dora Baltea, dove il fiume si piega. Un tempo questo era un punto di snodo delle vie di comunicazione a lunga distanza, oggi è la parte occidentale della città di Aosta.
Non sappiamo molto delle prime genti che lo frequentarono, possiamo solo immaginare.
Il primo gesto sacro fu un’aratura.
Anzi, una serie di arature eseguite in momenti diversi e periodicamente ripetute senza mai sovrapporsi. I solchi sono incisioni regolari, profonde venti centimetri, di forma triangolare e parallele; si estendono nella zona sud-orientale e si muovo da sud-ovest a nord-est.
Li incisero tra la fine del Neolitico e gl’inizi dell’età del Rame, e legarono il luogo sacro all’agricoltura, mezzo di sussistenza e simbolo di fertilità e di vita.
Poi scavarono i pozzi.
A nord, dove prima c’era una grande aratura ora non più visibile. I pozzi sono cilindrici, diversi fra loro, a volte grandi anche un metro e ottanta centimetri e profondi fino a due metri; raggruppati in direzione nord-est/sud-ovest.
Dentro vi hanno deposto frutti, semi di legumi e cereali, macine di pietra e ciottoli; sopra ad alcuni hanno acceso dei focolari. Per tre secoli e mezzo hanno ripetuto gli stessi rituali legali ai culti agricoli, e le genti dopo di loro se ne sono presi cura, come ancora oggi si fa con un luogo della memoria.
Dopo mille anni, innalzarono pali di legno.
Sia a nord sia a sud; nell’area nord-orientale ben ventiquattro, ravvicinati e disposti a nord-est/sud-ovest, attraversano l’area dell’aratura sacra. Ne rimangono le buche d’impianto, le pietre di rincalzo dei più grandi e alcuni resti carbonizzati di larice e pino silvestre.
Li realizzarono poco alla volta, nel corso della prima metà del III millennio a.C.: scavarono le buche, vi deposero crani bovini, fiammarono l’estremità dei pali da interrare per conservarle più a lungo, eressero i pali e, alcuni, li sostituirono col passare del tempo. Costruirono, così, una sorta di percorso rituale.
Aggiunsero i monoliti.
Paralleli e ortogonali alle linee di pali, modificano l’impatto visivo ed emotivo con la solennità della pietra: nove menhir e lastre con foro, più di quaranta stele antropomorfe. L’inizio del megalitismo.
Mentre ancora si innalzano o sostituiscono pali, per la prima volta la sacralità del luogo è legata alla figura umana. Resa in modo sintetico, uomini e donne distinguibili solo dall’abbigliamento e dai loro strumenti, con altezze fino a tre metri. Rappresentano personaggi reali divinizzati e venerati, legati a culti religiosi, a rituali astronomici-astrologici, rivolti verso est/sud-est ad accogliere chi percorreva l’area sacra.
Trasformarono il santuario in sepolcreto.
Nel rispetto delle strutture e dei riti precedenti: i monumenti tombali megalitici sorgono lungo gli allineamenti di legno e di pietra, li modificano e li integrano. Le stele sono abbattute, estratte intere dal terreno oppure tagliate con cura alla base e fatte cadere a faccia in giù. Col tempo alcune sono reimpiegate, intere o in frammenti, in diverse tombe in modo sistematico: è un’evoluzione, non una cesura.
Le tombe, costruite durante l’età del Rame e utilizzate fino all’età del Bronzo Antico, sono diverse: dalle semplici ciste di pietra ai dolmen su piattaforma e alle complesse tombe foderate di lastre di pietra in una struttura circolare delimitata da muri. Come diversi sono i rituali funebri delle sepolture collettive: a cremazione, a inumazione, talvolta arricchite da un semplice corredo di ceramiche rituali, ornamenti in pietre dure, osso, conchiglia, rame, bronzo e manufatti in pietra scheggiata.
La storia continua.
Con le sepolture e il tumulo dell’età del Ferro, l’abitato, la strada e la necropoli d’età romana, la chiesa di Saint Martin de Corléans del Medioevo, e perdura fino ai giorni nostri.
Diverse le genti, diverse le culture, diverse le epoche, ma in un unico luogo sacro mai dimenticato.
Buon vento!