Nove giorni chiusi in casa da una doppia influenza (mia e del marito). Nove giorni di sole brillante e cielo terso - e aria di ghiaccio. Me me accorgo quando esco ad aprire e chiudere le persiane, le uniche sortite quotidiane.
Il decimo giorno non stiamo più nella pelle, vogliamo uscire!
Una passeggiata tranquilla, un giro veloce, qui a Invorio. Così lasciamo la casa: i bipedi imbacuccati da testa a piedi, il quadrupede zampettante d'impazienza.
Il bello di
Invorio è che si trova nel
Vergante e alterna i centri storici delle tante frazioni a cascine antiche, campi, villaggi moderni e boschi.
Tempo fa ci siamo imbattuti per caso in un cartello intrigante: "
Percorso della Memoria", diceva. Oggi lo seguiamo per scoprire dove ci porta.
Attraversiamo piazza Vittorio Veneto, quella del municipio, imbocchiamo via Cesare Battisti, svoltiamo in via Dorina Bertona Bellosta, là dove la bella casa d'epoca e un cartello segnano l'inizio del percorso. Fiancheggiamo la fabbrica della
Barazzoni (hai presente le pentole? Ecco, le fanno qui) e percorriamo la via Dorina Bertona Bellosta, tra campi, boschi e ville residenziali.
Un nuovo cartello segna la direzione del percorso, lungo una strada di terra, che ben presto si dirama in due sentieri. Seguiamo quello di sinistra e ci addentriamo nel bosco.
E penso. Se abitassi nell'ultima villa sul sentiero, ogni domenica mattina uscirei col Baldo per una passeggiata tra gli alberi, fino a riconoscere ogni svolta, ogni ceppo, ogni profumo. Rimetterei in ordine i pensieri e ritroverei l'equilibrio, passo dopo passo, via gli affanni della settimana, via la frenesia, via tutto ciò che nella fretta intralcia. Domenica dopo domenica, imparerei a conoscere il bosco.
Come il signore che incontriamo, nel silenzio frusciante, cui chiedo informazioni sul percorso. Poco più in là c'è un
cippo commemorativo, per ricordare il partigiano Ugo Ballerini, e un
bivio: a destra si arriva fino alla frazione di Barquedo, a sinistra si raggiunge la Baraggia e da lì via Cesare Battisti, per ritornare in paese.
Solleviamo nuvole crocchianti di foglie e il marito ricorda quando, da piccolo,
il bosco era pulito. I proprietari ne raccoglievano le foglie, i rami caduti, pulivano i sentieri, così l'acqua piovana penetrava nel terreno (invece di ruscellare su uno strato spesso di foglie secche e invadere le strade asfaltate) e il bosco si manteneva vivo. Una volta non era solo un posto dove passeggiare, ma una ricca risorsa di materie prime:
curarlo era importante come curare la propria salute.
Sentiamo il rumore d'autostrada, intravediamo sotto di noi una via conosciuta. Ma è lontana, è già mezzogiorno, abbiamo fame: torniamo sui nostri passi, la via più breve.
D'altronde è il decimo giorno e nove li abbiamo passati con l'influenza: meglio andarci piano.
Buon vento