E così facciamo: al mattino presto saliamo in sella alla nostra moto e partiamo.
Mentre si va l'aria fresca ci avvolge rassicurante; non ci fossero i semafori o le precedenze da rispettare, ci potremmo quasi dimenticare del caldo.
In ogni caso ci pensa il lago a distrarre i nostri pensieri: mai visto così luccicante! Il sole del mattino si diverte a colpire le onde con manciate di brillantini. Difficile distogliere lo sguardo, mi sento come stregata.
Di solito osservo le ville, i fiori colorati, i soliti particolari che mi diverto a ritrovare diversi a ogni giro: un'occhiata a destra, una sinistra... Oggi, però, sono ammaliata dal luccicore dell'acqua.
La strada fiancheggia il lago e sale da Arona a Stresa, da Baveno a Verbania e poi più su, verso Ghiffa, Cannero e infine Cannobio, la nostra prima meta.
Di domenica a Cannobio c'è il mercato, si snoda sul lungolago e in piazza, togliendo il fiato come una barriera di teli all'aria fresca della sponda opposta. Fa caldo, un caldo estivo, di quelli che sanno di tendoni abbrustoliti, di gente sudata, di fiori esausti e di gelati golosi.
Ci fermiamo a bere qualcosa di fresco, ma non basta. Cerchiamo le scale e l'ombra per salire nel centro storico, ma non basta: il caldo c'insegue, è dappertutto, è dentro di me. Soprattutto è nella mia testa. Talmente tanto che, mentre mangio, ogni boccone si trasforma in una palla di fuoco, le orecchie si spengono, gli occhi iniziano a vedere una monotona sfumatura grigia. Mi salva la fontana e la sua acqua fresca sulla testa, sui polsi, sul viso e sul collo.
Tutto bene, avevo solo un po' caldo.
Risaliamo in moto per raggiungere l'aria di montagna della Valle Vigezzo: infilare giacca e casco è un piccolo supplizio. Percorriamo le prime curve dell'ombrosa Val Cannobina, ma il malessere torna: sento poco, fatico a parlare, ho bisogno di togliermi il casco e sedermi un attimo. Magari mi sdraio per due minuti...
Tutto bene, pare sia passato.
Di nuovo in sella, senza giacca questa volta e con la mentoniera del casco alzata. Scegliamo di rimandare il giro delle valli a un'altra occasione, preferiamo tornare a casa per non rischiare. Di nuovo verso Cannobio, Cannero, Ghiffa e finalmente Intra. Finalmente perché sto di nuovo male, anzi: peggio.
Mi scoppia la testa dal caldo, non sento, vedo appannato, boccheggio, ho sete, ho la nausea. Bevo quasi due litri d'acqua fredda, mi bagno polsi, mani, braccia, collo, testa in continuo. Ma non miglioro. Decido di chiamare il 118 e l'operatore mi dice: "stia al fresco e beva". Decido di chiamare qualcuno che mi venga a prendere e mi riporti a casa in macchina, con l'aria condizionata accesa.
Quando sono a casa mi occupo solo di abbassare la temperatura del corpo e della testa con litri e litri di acqua fresca dentro e fuori. Verso le quattro del mattino, finalmente, ho freddo.
Cosa mi rimane di questa esperienza? Un grande spavento.
Stare male quando si viaggia in moto vuol dire essere allo sbaraglio: la capacità di prendere la decisione migliore, senza farsi prendere dal panico, è fondamentale. È importante anche ascoltare il proprio corpo e riconoscere subito i sintomi di un malore.
Purtroppo, per quanto forti e pressanti, non conoscevo i sintomi del colpo di calore.
Per fortuna a star male ero io (il passeggero) e non mio marito (il pilota). Per fortuna eravamo su una strada turistica, piena di paesi, locali aperti e gente. Per fortuna siam riusciti ad avvicinarci a casa. Per fortuna a casa c'era qualcuno. Per fortuna guidava una macchina con l'aria condizionata.
Con questi pensieri in testa, auguro a tutti buon vento,
un vento forte e freddo che annienti l'afa e riporti il sereno e temperature migliori.
un vento forte e freddo che annienti l'afa e riporti il sereno e temperature migliori.