Dopo il giro del mondo in barca a vela e in moto, la rubrica per chi "cerca qualcosa di più" prosegue sulle ali de Le oche delle nevi di William Fiennes.
Il libro giusto per questa stagione: parla di migrazioni primaverili, ma non solo.
La storia è molto semplice: l'autore, convalescente a casa dei genitori in seguito a una serie di operazioni, decide di seguire la migrazione primaverile delle oche del nevi. Il progetto nasce dopo aver ritrovato un libro, in cui un'oca delle nevi finisce fuori rotta dopo una violenta tempesta.
Il suo è un viaggio su più livelli: ci sono gli uccelli migratori; ci sono i luoghi e le persone incontrate, densi di storie e portatori di doni; c'è il filo dei suoi pensieri, dal giorno in cui è stato dimesso dall'ospedale al giorno in cui torna a casa con una consapevolezza importante.
William Fiennes, Le oche delle nevi, Bompiani 2002 williamfiennes.com |
Il viaggio da Austin in Texas fino all'Isola di Baffin in Canada per seguire la migrazione delle oche delle nevi verso i loro luoghi natii è, in realtà, un viaggio all'interno della coscienza: entrambi s'intrecciano e danno significato l'uno all'altro.
Gli uccelli viaggiano perché l'asse terrestre è inclinato: fedeli ai cicli circannuali, in autunno volano verso il caldo e in primavera verso i luoghi di riproduzione. Due volte all'anno l'alimentazione intensiva e l'irrequietezza (Zugunruhe) segnano il tempo delle migrazioni e rispondono al loro istinto migratorio: il bisogno di spostarsi, infatti, è codificato nei loro geni. Anche la rotta è codificata nei loro geni, ma con una certa flessibilità: all'occorrenza trovano la strada seguendo il sole, le costellazioni e gli angoli d'inclinazione delle linee del campo magnetico.
L'autore viaggia perché ha bisogno di nuovi orizzonti: la spinta degli uccelli a migrare suscita in lui il desiderio di novità e libertà. Dalla nostalgia struggente di casa, provata in ospedale, al bisogno di una via di fuga durante la convalescenza e, di nuovo, la nostalgia di casa. La nostalgia è il dolore del ritorno e accade in due dimensioni: nello spazio (la mancanza di casa) e nel tempo (l'anelito a ritornare nel passato).
Ecco, la nostalgia. Credo di averne sofferto in rari casi, quando da bambina o da ragazzina mi trovavo altrove senza volerlo - forse, era più un sentimento di ribellione. Di solito mi piace l'idea di tornare a casa, perché ho nuove idee e progetti, che non vedo l'ora di realizzare. Ultimamente, però, soffro di nostalgia al contrario: un dolore sordo e forte che m'impedisce di respirare al solo pensiero di abbandonare un posto per tornare a casa. Chissà che cosa significa?
Buon vento!
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